Industria 4.0: la via europea e quella americana

“Industria 4.0” è uno dei temi più attuali per le nostre aziende. In quest’articolo cercheremo di affrontarlo in chiave critica, sia in senso positivo che negativo, e di cogliere le differenze nelle interpretazioni Paese e soprattutto continentali tra Europa e Stati Uniti.

Innanzitutto diciamo che il termine è di genesi relativamente recente: infatti fu utilizzato per la prima volta nella primavera del 2011 durante un seminario alla Fiera di Hannover in Germania, da H. Kagermann (fisico e uno dei fondatori di SAP), W. Wahlster (professore di intelligenza artificiale) e W.D. Lukas (fisico e alto funzionario tedesco Ministero federale dell’Istruzione e della Ricerca). Da lì derivò il progetto federale tedesco dello “Zukunftsprojekt Industrie 4.0” di fine 2013. La notorietà fu tale che il World Economic Forum di Davos (Svizzera) del gennaio 2016 ne fece il proprio motto principale. In Italia probabilmente la sua notorità è più legata ad un fatto legislativo – il “PIANO NAZIONALE INDUSTRIA 4.0” (anche detto “Calenda”, dal nome del ministro che lo propose) – inserito nella Legge di Bilancio 2017 (L. 11 dicembre 2016, n. 232).

Se ancora qualcuno si chiede il perché del “4.0”, ricordiamo che tale definizione è basata su una suddivisione dell’evoluzione dell’industria manifatturiera in 4 fasi: la prima rivoluzione industriale (di fine ‘800 con l’uso del vapore), la seconda rivoluzione industriale (con l’introduzione e utilizzo dell’energia elettrica), la terza (dei primi anni ’70 con l’utilizzo dell’elettronica e dell’IT in produzione), e appunto una quarta rivoluzione (che si pensa caratterizzata da macchine “intelligenti”, interconnesse e collegate ad Internet).

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